Anche in Seminario è stato distribuito il pane benedetto di S. Antonio Abate. Due seminaristi, Marco e Andrea, hanno faticato una notte intera. Hanno impastato farina e acqua. Hanno poi fatto lievitare la massa. Quindi hanno tagliato l’impasto in piccoli pani da cuocere al forno.
È stata la loro prima esperienza per far vivere la festa di S. Antonio secondo una tradizione che si perde nella notte dei tempi. È stato un gesto molto importante sia per i preti anziani e malati, sia per i seminaristi. Durante l’ora sesta il rettore ha benedetto i pani che, prima del pranzo, sono stati distribuiti insieme ad un santino di S. Antonio.
La distribuzione è iniziata da un ospite con il nome di Tonino (Antonio). Poi i pani benedetti, chiamati anche “le panette”, sono state distribuiti ai presenti, agli operatori socio sanitari, ai dipendenti, alle suore “Ancelle di Cristo Sacerdote”.
Antonio fu uno dei primi se non il primo a instaurare una vita eremitica e ascetica nel deserto della Tebaide. Fu l’esempio più stimolante e noto. È considerato il caposcuola del Monachesimo. Conoscitore profondo dell’esperienza spirituale di Antonio, fu sant’Atanasio (295-373) vescovo di Alessandria, suo amico e discepolo, il quale ne scrisse la biografia, fonte principale di ciò che sappiamo di lui.
Antonio nacque verso il 250 da una agiata famiglia di agricoltori nel villaggio di Coma, attuale Qumans in Egitto. Verso i 18-20 anni rimase orfano dei genitori, con un ricco patrimonio da amministrare e con una sorella minore da educare.
Attratto dall’ammaestramento evangelico «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi», e sull’esempio di alcuni anacoreti che vivevano nei dintorni dei villaggi egiziani, in preghiera, povertà e castità, Antonio volle scegliere questa strada. Vendette dunque i suoi beni, affidò la sorella a una comunità di vergini e si dedicò alla vita ascetica davanti alla sua casa e poi al di fuori del paese.
Alla ricerca di uno stile di vita penitente e senza distrazione, chiese a Dio di essere illuminato. Vide poco lontano un anacoreta come lui, che seduto lavorava intrecciando una corda, poi smetteva, si alzava e pregava; subito dopo, riprendeva a lavorare e di nuovo a pregare. Era un angelo di Dio che gli indicava la strada del lavoro e della preghiera che, due secoli dopo, avrebbe costituito la base della regola benedettina «Ora et labora» e del Monachesimo Occidentale.
Parte del suo lavoro gli serviva per procurarsi il cibo e parte la distribuiva ai poveri. Deriva da questo, secondo alcuni, la tradizione di donare i pani nel giorno della sua festa.